LETTERE IN REDAZIONE

Per Giulia e per ogni vittima di femminicidio

Inviata da Rosanna Mazzuolo, classe ’96, è una giornalista, docente, educatrice professionale socio-culturale e pedagogista.

Per Giulia e per ogni vittima di femminicidio

105 è il numero delle donne che sono state uccise in Italia dal 1 gennaio 2023.

Non un semplice numero.

Dietro quel “103”, ci sono i volti, i sentimenti, le passioni, il carattere, i sogni infranti di donne che hanno perso la vita.
Una vita che gli è stata strappata via da un uomo che credevano di amare, a cui si erano affidate e con il quale avevano progetti e sogni.

Dietro quel “103” ci sono anche i volti di figlie, di madri, di famiglie che perdono un punto di riferimento, di amiche.

La più giovane delle vittime aveva 13 anni, la più anziana 95.

L’uccisione di Giulia Cecchettin, che aveva solo 22 anni, la voglia di laurearsi e tanti sogni nel cassetto, rappresenta un’ulteriore sconfitta per la società odierna.

Una società che non è più capace di educare i suoi cittadini ad agire correttamente davanti ad un “no”, che non è più in grado di insegnare i giusti valori, il rispetto, l’empatia, la resilienza, l’importanza di preservare la salute mentale e la difesa dell’autostima.

L’omicidio di Giulia Cecchettin, uccisa dall’ex fidanzato, ha scosso l’Italia intera accendendo i riflettori anche sul ruolo cardine che la scuola occupa non solo in ambito didattico, ma anche nel settore educativo e nello sviluppo psicologico dello studente.

La verità è che scuola non può essere lasciata da sola ad affrontare questo arduo compito.

C’è bisogno di investimenti, di progetti educativi validi, di ambienti educativi funzionali,
di un’equipe educativa in ogni scuola con psicologi e pedagogisti, di un’ora fissa obbligatoria a settimana di educazione alle emozioni, un docente di sostegno in ogni classe e non solo.

Profonde ed esaustive sono state le parole che l’insegnante e scrittore Enrico Galiano ha scritto sul suo profilo Facebook sulla vicenda.

<<Lo facciamo, eccome se lo facciamo.
Ne parliamo, eccome se ne parliamo.
Da anni, non da oggi.
Ma sapete come ci sentiamo, ogni volta?
Come quelli che scrivono sulla sabbia.
La scuola ce la mette tutta per insegnare rispetto ed empatia, ma poi quelli tornano a casa, tornano per strada, e lì hai la sensazione come di una marea che ti cancella tutto.
Poi ricominci eh. Il giorno dopo di nuovo lì, a scrivere, tenace e anche un po’ matto. Ma sulla sabbia, però.
Una morale, se c’è, è questa: non diamo la colpa alla sabbia, ma chiediamoci, tutti, se non siamo anche noi parte di quel mare>>

Dunque la scuola deve essere accompagnata dalla famiglia in questo percorso. Il percorso scolastico deve rafforzare l’educazione e i valori impartiti dalla famiglia affinché siano diffusi e rafforzati i valori del rispetto, del vivere sociale, dell’inclusione non solo a scuola, ma in qualsiasi luogo.

Giulia, come le altre donne, non è solo un minuto di silenzio. Quel minuto di silenzio al quale si sono unite, martedì mattina alle ore 11, tutte le scuole italiane.

Insegniamo a riconoscere il pericolo, gli atteggiamenti controllanti e denigranti, i campanelli di allarme, l’amore e le amicizie tossiche, la violenza di genere.

Insegniamo a sconfiggere la cultura patriarcale e maschilista, a non giudicare, a non criticare, al rispetto delle idee altrui, a guardarsi dentro a credere al bello.

Insegniamo che chiedere aiuto non significa essere debole.

Ma non lasciamo la scuola e gli insegnanti soli in questo delicato compito, perché la vera rivoluzione è in ognuno di noi.

Per Giulia e per ogni vittima di femminicidio.

 

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